Piede e postura: quale nesso?

Il piede rappresenta il punto fisso al suolo su cui grava l’intero peso del corpo. Esso si trova alla base del sistema di controllo antigravitario (sistema tonico posturale) che consente all’uomo di assumere la postura eretta e di spostarsi nello spazio. Il piede è sia un effettore sia un ricettore ossia riceve ed esegue dei comandi (risposta motoria), tramite i muscoli, e, nel contempo, interagisce col resto del corpo fornendo costanti informazioni provenienti dagli esterocettori cutanei presenti sulla sua pianta e dai propriocettori dei suoi muscoli, fascia, tendini e articolazioni. Gli esterocettori cutanei del piede sono ad alta sensibilità (0.3 g) e rappresentano l’interfaccia costante tra l’ambiente e il sistema dell’equilibrio. Le informazioni plantari infatti sono le uniche a derivare da un recettore fisso a diretto contatto col suolo.

Il piede, nel corso dell’evoluzione, per le esigenze sorte nell’assunzione della stazione eretta e della deambulazione bipodale, risulta un diaframma atto ad (FIG. 1) assorbire e smistare le forze esterne (ambientali) e interne (muscolari), relativamente agli infiniti piani dello spazio.

 

La struttura del piede è un capolavoro unico di architettura, o meglio di biomeccanica, con le sue 26 ossa, 33 articolazioni e 20 muscoli. Funzionalmente e strutturalmente, è possibile suddividere il piede in:

– retropiede formato da astragalo (talus) e calcagno, “dispositivo centrale” del controllo biomeccanico della gravità;

– avampiede formato da scafoide (navicolare), cuboide, 3 cuneiformi (definiti anche mesopiede; il mesopiede più il retropiede forma il tarso), 5 raggi metatarsali (metatarso) e le falangi delle 5 dita; funge da “adattatore e reattore”.

Il piede, nel suo ruolo di “base antigravitaria”, in un primo tempo prende contatto con la superficie di appoggio adattandosi ad essa rilasciandosi, successivamente si irrigidisce, divenendo una leva per “respingere” la superficie stessa. Il piede deve quindi alternare la condizione di rilasciamento con la condizione di irrigidimento. L’alternanza di lassità-rigidità giustifica l’analogia con l’elica a passo variabile. Retropiede e avampiede si dispongono infatti in piani che si intersecano in modo variabile. Nella condizione ideale, il retropiede è disposto verticalmente e l’avampiede orizzontalmente (su una superficie di appoggio orizzontale). A piede sotto carico la torsione tra retropiede e avampiede si attenua nel rilassamento (il piede diviene una piattaforma modellabile) e si accentua nell’irrigidimento (il piede diviene una leva). La disposizione ad arco è in realtà apparente essendo espressione del grado di avvolgimento dell’elica podalica. Il piede quindi non ha il significato di un arco o volta reale ma apparente, che si alza durante l’avvolgimento e si abbassa durante lo svolgimento dell’elica. L’avvolgimento dell’elica, con la conseguente accentuazione dell’apparente disposizione ad arco, corrisponde al suo irrigidimento. Lo svolgimento dell’elica, con conseguente attenuazione dell’arco apparente, è il rilasciamento.

La torsione, l’avvolgimento, dell’elica podalica è connessa alla rotazione esterna dei segmenti sovrapodalici (gamba e femore). L’astragalo ruotando all’esterno solidalmente con le ossa della gamba, sale sul calcagno chiudendo in tal modo l’articolazione medio-tarsica; il retropiede si verticalizza. L’avampiede aderente tenacemente al suolo reagisce alle forze torcenti applicate sul retropiede; il piede è quindi irrigidito. Viceversa avviene nel rilasciamento dell’elica podalica che è associato alla rotazione interna dell’arto inferiore.

 

Nel contesto della biomeccanica e della patomeccanica, si evidenzia quindi un robusto ponte che connette il piede ai segmenti corporei soprastanti sino a raggiungere potenzialmente le articolazioni cervico-occipitale temporo-mandibolari e viceversa, interessando tramite la rete di tensegrità mio-connettivale l’intero organismo.